“Il comma 1 dell’art. 44 della legge n. 184/83, al punto b), stabilisce che “I minori possono essere adottati anche dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge”. Il ddl Cirinnà prevede che dopo la parola «coniuge» siano inserite le parole «o dalla parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso». In sostanza, quindi, la Stepchild Adoption (dall’inglese: “adozione del figliastro”) consente a uno dei conviventi, non più solo eterosessuali ma anche omosessuali, di adottare il figlio biologico o adottivo del compagno e di includerlo così nel nuovo nucleo familiare”, così l’avv. Mariarosaria Della Corte, specializzata in Diritto di Famiglia.
E continua: “Nulla c’entra con la legge sulle unioni civili la maternità surrogata, anche detta “utero in affitto”, pratica espressamente vietata dalla legge 40 sulla fecondazione assistita, pur essendo consentita in altri Paesi. Sul tema, ancora una volta è da rilevare come la giurisprudenza risponda al richiamo dei progressi scientifici e delle questioni di bioetica, cercando di adattarsi ai primi e di dare delle risposte ai problemi morali”. “Tanto è vero – spiega la matrimonialista – che con la sentenza 8 aprile 2014, n. 3651, il Tribunale penale di Milano ha assolto dal reato di alterazione dell’atto di nascita una coppia che, non potendo avere figli, aveva stipulato un contratto con due donne indiane, una che aveva fornito l’ovulo da fecondare, l’altra che aveva portato avanti la gravidanza. Anche in tale ultimo caso, ad orientare il giudizio è stata la tutela del minore, “terzo inconsapevole di un contratto al quale è rimasto estraneo”. Infine: “La stepchild adoption, sia per coppie etero che omosessuali, è consentita nel Regno Unito e in altri Paesi europei, tra cui Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Francia Germania, Finlandia e Groenlandia. Si stima che nel nostro Paese i bambini con genitori omosessuali siano circa 100.000 mentre i risultati di una ricerca del 2005 condotta da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità indicano che il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni hanno almeno un figlio. Ciò significa che è giunto anche per l’Italia il momento di aprire le porte al futuro, che è già presente”.