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La situazione emergenziale causata dalla diffusione del COVID-19 ha costretto la popolazione italiana a modificare radicalmente il proprio stile di vita, limitando gli spostamenti esclusivamente ai casi di comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, per motivi di salute, per il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Tali limitazioni sono state effettuate sulla base di provvedimenti che hanno determinato una restrizione di diritti costituzionalmente garantiti nel perseguimento del preminente interesse pubblico alla tutela della salute. Sin dal principio, tra le “situazioni di necessità” sono stati ricondotti gli spostamenti determinati dal rispetto, da parte dei genitori separati o divorziati, delle disposizioni di affido del minore, che per i genitori non costituiscono solo un diritto, ma anche un dovere. La stessa Presidenza Del Consiglio dei ministri ha specificato che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio.”

Tale interpretazione è stata avallata dal Tribunale di Milano, che, in data 11 marzo 2020, ha imposto alle parti il rispetto delle disposizioni contenute nell’accordo di separazione, poiché le previsioni governative, consentendo gli spostamenti finalizzati ai rientri presso la “residenza o il domicilio” non sarebbero preclusive all’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori, prediligendo il rispetto del diritto alla bigenitorialità nel bilanciamento con il contrapposto interesse di tutela del diritto alla salute della collettività.L’aggravarsi della situazione emergenziale ha fatto sì che vi fosse uno spostamento della bussola del bilanciamento verso una prevalenza del diritto alla salute, che negli ultimi giorni ha condotto ad una sempre più pregnante restrizione di vari diritti costituzionalmente garantiti. I D.P.C.M. emanati dal Governo nella stesura di questa nuova pagina della storia italiana, hanno maggiormente ristretto il diritto alla libera circolazione sul territorio nazionale, limitando ancor di più i pochi spostamenti considerati legittimi nei precedenti provvedimenti, disponendo, con decreto del 22 marzo 2020 il “divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”, specificando, inoltre, la soppressione della possibilità di rientrare presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Alla luce dell’incremento delle disposizioni limitative della libertà personale, si sono poste nuove interessanti questioni inerenti al bilanciamento tra diritto alla salute e tutela della bigenitorialità: il diritto di visita del genitore non collocatario rientra ancora nelle situazioni di necessità che consentono di derogare all’imperativo di restare a casa?

La questione, molto complessa, come ogni situazione di contemperamento tra principi costituzionali, ha catalizzato l’attenzione di molti operatori del diritto. I principi costituzionali come il diritto alla salute, il diritto alla bigenitorialità, il diritto alla libera circolazione sono stati posti dal nostro legislatore come fondamenti del nostro ordinamento democratico. Principi inderogabili, ma bilanciabili. In questo difficile bilanciamento, da un lato vi è stato chi ha ritenuto indubbia la prevalenza dell’interesse alla tutela della salute, in primis dei minori e anche degli stessi genitori, orientandosi verso la necessaria sospensione del diritto di incontro e di visita, dall’altro vi è stato chi ha ritenuto di primaria importanza la possibilità per i minori di continuare a incontrare le proprie figure di riferimento, soprattutto in questo periodo di restrizioni e di cautele, garantendo regolari rapporti genitoriali ai minori al fine di trasmettere loro fiducia e serenità anche rispetto alle relazioni affettive, predisponendo, nell’incontro, tutte le cautele del caso. Alcuni Tribunali hanno iniziato ad interrogarsi sulla legittimità degli spostamenti in ottemperanza alle disposizioni di affido, chiedendosi se forse non sia preferibile sospendere il diritto di visita alla luce del perseguimento di un fondamentale obiettivo, la tutela alla salute, presupposto fondamentale per la realizzazione di ogni altra finalità dell’ordinamento e della stessa persona umana.

La Corte di Appello di Bari, in data 26 marzo 2020, ha sospeso il diritto di visita a prescindere da una comprovata situazione di pericolo “dal momento che lo scopo primario della normativa che regola la materia è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio (attualmente con divieto di spostarsi in comuni diversi da quello di dimora), tesa al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini e anche dei minori; ritenuto che non è verificabile, che nel corso del rientro del minore presso il genitore collocatario, se il minore sia stato esposto a rischio sanitario, con conseguente pericolo per coloro che ritroverà al rientro presso l’abitazione del genitore collocatario”. Nello stesso senso si è espresso il Tribunale di Napoli in data 26 marzo 2020, che rilevata l’inopportunità dello spostamento dei minori dall’abitazione materna a quella paterna visti i divieti in atto, ha privilegiato il rispetto della genitorialità attraverso incontri da remoto, grazie al supporto di strumenti informatici. Ugualmente anche il Tribunale di Bari, in data 26 marzo 2020, che ha considerato “recessivo il diritto del padre ad incontrare i figli rispetto al primario interesse dei minori a non esporsi al rischio di contagio”.Problematiche si sono riscontrate anche per le visite protette, dove la sospensione è stata determinata dalla prevenzione del contagio nell’ambito di tali strutture. In tal senso la Corte di Appello di Lecce in data 20 marzo 2020, che rilevando l’impossibilità per la madre di avere un contatto con i figli minori a causa della sospensione dei servizi garantiti dalle strutture dei SS e del CF, ha privilegiato un contatto tramite videochiamate, maggiormente idoneo a tutelare la salute di ciascuno.

Il Tribunale di Nocera Umbra, in data 30 marzo 2020, ha invece ritenuto che gli incontri protetti potessero avvenire all’interno della struttura, predisponendo tutte le cautele volte a salvaguardare la salute dei soggetti coinvolti, ritenendo troppo penalizzanti e restrittive del diritto di visita le misure adottate dalla struttura, che aveva momentaneamente sospeso l’accesso dei visitatori al fine di evitare il rischio di contagio, facendo salva la possibilità di predisporre gli incontri negli spazi esterni della struttura stessa.L’apertura dei Tribunali verso la sospensione del diritto di visita è un forte segno della prevalenza che si vuole attribuire alla tutela del diritto alla salute, obiettivo che sta unendo l’intera nazione, a scapito di una lunga serie di diritti riconosciuti in uno Stato democratico.Nel racconto di questa vicenda, stupisce come venga raramente presa in considerazione, nella valutazione ad hoc della necessità di rispettare o meno il diritto di visita del genitore non collocatario, anche la natura dell’attività lavorativa svolta dall’altro genitore.

Nella decisione del Tribunale di Bari del 26 marzo 2020 si rilevava come l’attività lavorativa del padre in un call center potesse esporre al rischio di contagio i figli, frequentando ogni giorno un numero indeterminato di persone. Infatti, è innegabile la presenza, in tale frangente, di alcune professioni “a rischio”, che, esposte ad un diretto contatto con soggetti positivi o con ambienti contaminati o non a norma, possano fungere da vettore nella trasmissione del COVID- 19, surrogando la tutela del diritto alla salute dell’altro genitore, del minore stesso, della nuova comunità familiare formatasi e di eventuali altri conviventi, all’egoismo di un genitore che voglia necessariamente incontrare il figlio, senza premurarsi del rischio a cui, inevitabilmente, lo espone.Ovviamente, dovrà essere evitato l’utilizzo pretestuoso del decreto in questione come giustificativo per limitare al minimo i contatti con il genitore non collocatario, il cui rapporto con il figlio, come ribadito in modo unanime dai Tribunali che hanno optato per la sospensione del diritto di visita, dovrà essere comunque garantito con gli adeguati strumenti informatici, tramite telefonate, videochiamate o altri mezzi. Le numerose problematiche che interessano la materia impediscono una soluzione generalizzata, dovendo necessariamente essere valutate alla luce delle singole circostanze concrete, come corollario dell’unico obiettivo perseguito dall’ordinamento in questo momento, ovvero la tutela del bene pubblico salute, perseguito, con non pochi sacrifici, da parte di tutti gli strati sociali.

Il giudice, infatti, dovrebbe valutare caso per caso quale sia la decisione che assicuri il giusto contemperamento tra il migliore interesse del minore e il suo diritto alla salute, e inevitabilmente il diritto di tutti coloro che vi entrano quotidianamente in contatto a preservarsi da situazioni a rischio contagio. Senza dimenticarsi, in tale valutazione, di come la totalità dei sacrifici richiesti in questo particolare frangente storico siano caratterizzati dalla temporaneità, coincidendo con tutte quelle misure di contingentamento o di c.d. “lockdown” predisposte dal Governo in ogni ambito economico e sociale, per le attività produttive, per le persone fisiche e, non potrebbe essere altrimenti, anche per i nuclei familiari.